Troviamo un vaccino per i videogiochi

No, non sono impazzito, tranquilli… o quantomeno, non sono più pazzo del solito. 🙂
Quello di questo post non è niente altro che il titolo di un delirante articolo sul quale sono disgraziatamente inciampato stamattina… e non credevo a quel che stavo leggendo!
Se siete amanti del puro masochismo intellettuale, potete trovare il qui l’articolo originale.
Mentre proseguivo con la lettura dell’articolo, nella mia mente mi aspettavo un “finale a sorpresa”, nel quale si asseriva che quelle dette poco sopra erano solamente delle baggianate e che nel 2013 non poteva esistere ancora persone che vedevano il mondo dei videogiochi come un qualcosa da cui “vaccinarsi”, come un qualcosa da cui difendersi, come un pericolo per i nostri figli, come un qualcosa da estirpare o, se proprio non si riesce ad eliminare radicalmente “il problema videogiochi”, controllarlo il più possibile.
Come ho fatto notare al “giornalista” (perché una persona che spaccia come articolo un insieme di retorica e qualunquismo come questo, meriterebbe ben altri epiteti) il fatto che i videogiochi “alienino” i ragazzi, trasportandoli in una realtà che non è la loro, è assolutamente ridicola come argomentazione.
A questo punto, dobbiamo trovare un vaccino anche contro i libri, contro i giochi di ruolo da tavolo, contro la fantasia… sono tutte attività alienanti dalla realtà!
I videogiochi (così come qualsiasi altra cosa a questo mondo), non sono né buoni né cattivi di per se, semplicemente dipende da come se ne fruisce e da quanto se ne fruisce.
Anche un eccesso di lettura o un eccesso di sport non possono di certo essere definiti salutari… gli eccessi non sono mai salutari! E’ solo qui la questione!
E’ chiaro che se si passa la giornata davanti ai videogiochi, ora di sera si è un po’ “rintronati”… ma questo accade anche se si studia per 12 ore di seguito (ammesso e non concesso che il giornalista in questione abbia mai studiato per più di 12 minuti consecutivi).
Vedere poi i videogiochi come un qualcosa che porti gli utenti ad isolarsi, a vivere in un mondo proprio, non è assolutamente vero!
Il videogioco può essere un momento aggregante, un momento in cui genitori e figli per qualche minuto abbattono completamente le differenze di pensiero, le differenze generazionali e si divertono assieme, condividendo qualcosa… e se tutto questo vi può sembrare fantascienza, vi garantisco in prima persona che così non è: giusto giusto a Natale dell’anno scorso ho giocato a Super Mario Kart con mio NONNO di 90 ANNI… e si è divertito come un bambino!
Basta demonizzare i videogiochi: così come la generazione precedente alla nostra ha demonizzato (a torto) televisione e videogiochi, ora è il turno degli “adulti d’oggi” che stanno demonizzando i videogiochi, solamente perché “ai miei tempi non c’erano”.
Per tutti coloro che la pensano così, ho una brutta notizia per voi: i vostri tempi sono passati, ora è il nostro tempo… o vi adeguate, studiate e approfondite il fenomeno e (perché no) lo condividete con i vostri figli, o almeno abbiate la decenza e la buona creanza di non riempire l’aria ed il Web con sproloqui pieni di qualunquismo e di retorica, perché siete solamente ridicoli.

E’ iniziato il declino di Apple?

Come tutte le aziende, ci sono momenti di ascesa che sembra essere quasi inarrestabile, e momenti di calo (a volte, proprio di tracollo) altrettanto repentini… è arrivato il momento di Apple?
Guardiamo i fatti: Apple è riuscita a ritagliarsi una fetta di mercato riuscendo ad imporre i propri prodotti “innovativi” (ossia prodotti molto più cari della media di mercato, anche se creati aggregando tecnologie già presenti e sviluppate da altri) ma è dalla presentazione dell’iPad che Apple non viene introdotto più alcunché di innovativo, ma si limita a raffinare e migliorare i prodotti già esistenti.
Su alcuni settori, è arrivata addirittura in netto ritardo rispetto alla concorrenza: si pensa ad esempio alla fascia tablet da 7 pollici. iPad Mini è arrivato con un netto ritardo (nell’ordine di anni) rispetto ad altri prodotti della concorrenza.
A prescindere da quelle qui sopra (che qualcuno potrebbe vedere come opinioni), potremmo osservare la situazione dal punto di vista del mercato: le vette di quota 700 dollari ad azione sono ormai un lontano ricordo mentre il presente è quello di un valore inferiore alla quota 500 dollari per azione.
Anche se un valore di questo tipo è di tutto rispetto, c’è da considerare che in pratica Apple ha perso il 30% del suo valore di mercato… assolutamente non trascurabile, sia da un punto di vista di marketing (per quanto riguarda l’immagine aziendale) che da un punto di vista squisitamente di bilancio.
Qui di seguito vi riporto il grafico tratto da Yahoo Finance del periodo Settembre – Dicembre.
C’è ben poco da stare allegri, calcolando che Dicembre è anche il periodo in cui cadono le feste Natalizie e quindi (almeno teoricamente), dovrebbe esserci un picco di vendite ed un conseguente aumento del valore dell’azienda sui mercati.
Forbes ha replicato declassando Apple dal primato di azienda più innovativa del 2011 e relegandola ad un molto poco lusinghiero 5° posto: altro segnale direi preoccupante di come il mercato (e gli analisti di mercato) vedono il futuro della mela morsicata…
A questo panorama aggiungiamo le voci che ormai stanno creando un vero e proprio tam-tam mediatico sul web: “è in fase di preparazione un iPhone a basso prezzo?” e “Apple ha ridotto significativamente gli ordini di componenti per l’iPhone 5… perché?”
Dal mio punto di vista, la possibilità dell’uscita di iPhone “di fascia bassa” unita alla riduzione degli ordini per i componenti costitutivi dell’iPhone 5, può voler dire solo una cosa: il mercato a cui si sta rivolgendo Apple (ossia il mercato di fascia alta nel settore della telefonia) sta dando segni di saturazione, e quindi ecco che l’attenzione potrebbe spostarsi sul mercato di fascia medio-bassa, nel tentativo di recuperare quote e soprattutto di entrare in un settore di mercato sino ad ora snobbato quasi con superbia.
Anche in questo caso, se fosse confermata l’uscita di un iPhone di fascia bassa, Apple sarebbe mostruosamente in ritardo rispetto alla concorrenza: ce la potrebbe fare a ritagliarsi una fetta di mercato in un segmento di fatto già affollato?
Non credo… gli spazi sono ormai stati ormai “distribuiti” tra i vari attori del segmento e l’entrata di Apple sarebbe molto probabilmente vista come una “rincorsa”.
Inoltre c’è da considerare anche l’aspetto psicologico: Apple è riuscita ad imporre i propri prodotti sul mercato come status-symbol. Un prodotto di fascia medio-bassa, sarebbe visto come “di categoria inferiore”, quindi non so quanto sarebbe appetibile per il pubblico di massa… che potrebbero essere classificati come “utenti di Serie B”.
Ecco quindi, che la logica di mercato sino ad ora adottata da Apple potrebbe ritorcerglisi contro (come era prevedibile, sul lungo termine…)
Voi cosa ne pensate?
La Mela morsicata è indubbiamente a corto di idee… E’ finita la “scia innovativa” lasciata ad Steve Jobs e stiamo cominciando ad assistere al declino di Apple, che sembra non essere in grado di “proseguire con le proprie gambe” senza il proprio istrionico fondatore?

Filtri web aziendali: utili o anacronistici?

In questo periodo sto lavorando presso un cliente che (come è quasi scontato) prevede un accesso Internet tramite proxy, al fine di applicare filtri di accesso ai contenuti per tutti i dipendenti aziendali.
E fin qui, potrebbe anche essere una cosa che ha un suo perché di esistere, se si tratta di impedire l’accesso a siti diciamo “poco consoni con l’ambito lavorativo” come può essere un YouPorn o simili, ma addirittura bloccare l’accesso a server SMTP esterni, Gmail o altri servizi come Evernote ecc, lo trovo decisamente eccessivo.
Tra l’altro, all’alba del 2013, questo tipo di filtri è decisamente anacronistico a mio avviso: che senso ha impedire l’accesso a questo secondo tipo di risorse (Gmail, posta personale ecc) tramite la rete aziendale?
Facendo un rapido “giro con gli occhi” per gli uffici, su tutte le scrivanie campeggiano in bella vista smarthphone e tablet di ultima generazione, con la loro bella ed allegra connessione Internet in mobilità… noto infatti che le persone sono spesso “smanettanti” sui propri terminali personali, rispondendo a post e messaggi su FB, piuttosto che a mail personali.

Che senso ha quindi bloccare l’accesso a queste risorse web dai terminali aziendali, quando poi le persone hanno un proprio terminale personale che gli consente comunque di accedere a tutto ciò?
Inoltre, a mio avviso, questa “pratica” non fa altro che far perdere ulteriormente tempo alle persone, dato che sono continuamente distratte da continue “vibrazioni e squilli” del proprio cellulare, devono rispondere al messaggio in questione, al poke o cos’altro sia, utilizzando il proprio terminale mobile che, date le ridotte dimensioni, offre una superficie di digitazione e di interazione con l’utente limitata, avendo qui l’effetto di rallentare l’utente rispetto alla medesima operazione fatta tramite un PC “classico”.
A questo punto mi domando e chiedo: ha ancora senso nel 2013 continuare a limitare l’accesso Internet delle aziende, quando praticamente ogni persona è dotata di un proprio terminale che gli consente di fatto di bypassare qualsiasi tipo e genere di policy aziendale definita?
Non avrebbe forse più senso continuare (ovviamente) a mantenere i filtri per tutti ciò che può essere palesemente osceno, ma aprire (e comunque monitorare) gli accessi ai vari social network, ecc?

Mai dire… PC!!! #12

Il sottotitolo perfetto per questa storia potrebbe essere: “Libero professionista non significa gratis!”. Ma cominciamo dall’inizio…

Qualche giorno fa mi arriva una richiesta di preventivo per un ecommerce con annessa gestione di magazzino, procedure varie per il riordino automatico degli articoli ai vari fornitori, integrazione con il back-end di fatturazione ed altri ammennicoli simili.
Faccio la mia pensata, valuto come integrare il tutto e produco un bel preventivino a quello che mi sembrava un prezzo più che onesto anzi, a dirla tutta, dopo averlo terminato ho pensato pure di essere stato un po’ basso…

Dopo un paio di giorni mi telefona lo pseudo-cliente e comincia la solita giaculatoria dicendo che c’è crisi ecc ecc e arrivando alla fine a pronunciare la parola proibita, bandita da anni con ostracismo pubblico e la cui sola pronuncia in mia presenza può essere punita con lo strappo delle unghie e lo scuoiamento pubblico: SCONTO! “No, perché io ho in mano in preventivo di un’altra società che è più alto, ma loro mi hanno fatto il 15% di sconto… lei quanto mi fa?“

Ho risposto che io non faccio sconti di nessun tipo e genere, dato che equivarrebbe a sottovalutare il mio lavoro e la mia professionalità… e soprattutto, se il mio preventivo è già più basso dell’altra offerta, per quale misterioso, arcano, perverso e cervellotico ragionamento partorito dal tuo minuscolo cervellino dovrei farti uno sconto???

Mugugnando un po’ il cliente molla il colpo e dopo qualche ora arriva la conferma del preventivo… assieme ad altre “piccole cosine” che OVVIAMENTE DEVONO ESSERE INCLUSE NEL PREZZO.

Butto una rapida occhiata alle “cosine” (già pre-nasando odore di fregatura)… e a momenti svengo!!!
Le “cosine” sarebbero: supporto per 5 lingue, possibilità di gestire più magazzini e ovviamente più listini, a seconda di una serie assurda di regole di profilazione degli utenti, poi effettivamente alcune piccole richieste di poco conto.
Rispondo al cliente che per le ultime richieste non c’era problema, ma per muiltimagazzino, multilingue e multilistino c’era un adeguamento di prezzo… ovviamente 4 nanosecondi dopo ho il cliente attaccato al telefono che, risentito e quasi offeso da queste mie “pretese economiche” piangeva miseria…
Gli ho educatamente fatto notare che “libero professionista” non significa “povero imbecille che, per chissà quale motivo, è ricco sfondato e lavora giusto per impiegare il tempo quindi può anche lavorare gratis…”
Ancora più offeso e risentito, mi ha risposto che “per una volta potevo fare un’eccezione”, al che mi sono innervosito e gli ho risposto in modo molto fermo e secco: “la sua richiesta equivale a chiedermi uno sconto e mi pare di averle già detto che non faccio sconti… quale parte del discorso non le è chiara???”

Penso di aver perso l’ordine, ma meglio così… mi sono appena liberato di un cliente del genere, non ne voglio certamente un altro!!!

E poi dicono che non mi devo innervosire… brontolio!!!

State attenti all’e-journalism

“Avviso ai naviganti: il citizen journalism, il giornalismo fatto da chi capita, è una bufala.
D’accordo, è bello che tutti dicano la loro sul web. Ma tra i giornalisti veri ed i dilettanti che scrivono sui blog ce ne corre, lo diciamo senza timore di immodestia. Un esempio: la supposta partecipazione di Angelina Jolie al prossimo film di Paolo Sorrentino. Non solo non ci sarà, ma non è neppure mai stata considerata dal regista e dal produttore.
Eppure, basta digitare su Google “sorrentino jolie” e cliccando su “news” ecco un centinaio di articoli che descrivono la presenza dell’attrice Usa.
Morale: frequentate ilmondo.it. E’ più affidabile.”
 
No, non sono parole mie ovviamente, ma un trafiletto che ho letto ieri sera sul numero 35 de “Il Mondo”, il noto settimanale economico dell’RCS Media group.
Non so a voi, ma leggere queste poche righe, mi ha fatto alzare non poco la pressione: le ho trovate a dir poco denigratorie nei confronti di tutti coloro che (come il sottoscritto) cercando di condividere sul web le proprie idee, le proprie opinioni e offrire un canale di informazione alternativo alla tradizionale carta stampata.
Non ci vogliamo di certo definire “giornalisti professionisti” (anche perché, di questi tempi, non so quanto sia qualificante), ma questo non implica in alcun modo che una persona “dalla strada” non sia in grado di offrire comunque un’informazione di buona qualità.
Quello che ho trovato veramente fastidioso, nonchè una decisa caduta di stile, è l’esempio “profondo ed illuminante” che è stato portato a sostegno della tesi “e-journalism = immondizia”: una notiziola di Gossip! Come se tutte le persone che scrivono sui blog si limitassero a scrivere di attrici ed attricette, perché non sono in grado di fare altro.
Tra l’altro, a mio avviso, il gossip stesso è pseudo-giornalismo che per definizione si fonda sulle illazioni e sulle supposizioni e, come modus operandi consolidato, si basa proprio sulla diffusione di notize non del tutto verificate e sulle chiacchere.
Cercare di trascinare quindi tutti gli autori di blog al livello di meri autori di articoli “da parrucchiere per signora”, la trovo di pessimmo gusto, nonché tutto meno che “alto giornalismo”.
Nella profonda ed accurata disamina del trafiletto di cui sopra mi pare che si sia trascurato il fenomeno Twitter, ossia l’e-journalism per definizione: sappiamo bene quanto Twitter si sia dimostrato più che efficace negli ultimi anni nella diffusione delle notizie (ed in tempo reale!!!) ed è ben noto che persino testate giornalistiche utilizzano Twitter come fonte di notizie e per verificarne la veridicità.
Ma le notizie su Twitter non sono forse scritte dalle “persone della strada”? Allora, per logica conseguenza, anche Twitter è immondizia…
Certo, può capitare che si diffonda una notizia falsa e priva di fondamento, ma questo è accaduto e continuerà ad accadere sia su Twitter (fatto da “giornalisti improvvisati”) che su testate giornalistiche professioniste: fa parte del gioco ed è normale quando si cerca di fare informazione.
La differenza tra un buon blogger o giornalista informativo sta proprio nella capacità di approfondire le notizie ed eventualmente, qualora se ne evidenziasse la necessità, di rettificare una notizia falsa o parziale. 
Voi come la pensate?
Personalmente ho trovato del tutto inopportuna questa esternazione da parte di una testata come “Il mondo”, che ho sempre considerato di buon livello.
Mi sorge però un dubbio: forse l’e-journalism sotto sotto non è così “spazzatura” come vogliono lasciar intendere, ma piuttosto un fenomeno di cui “un vecchio leone” come la carta stampata inizia ad avere seriamente paura?

Usare o non usare un Framework?

Stasera ho avuto una interessante conversazione con un amico sull’opportunità o meno di utilizzare un framework di sviluppo (o una o più librerie, come ad esempio JQuery e Bootstrap di Twitter) per la realizzazione di applicazioni.
Da questa semplice premessa è iniziato uno “scontro tra titani”: da una parte il mio amico, che difende la modalità di sviluppo completamente “da zero”, realizzando da zero tutte le funzionalità necessarie per lo sviluppo dell’applicazione (comprese le funzionalità ancillari, come un DatePicker JavaScript ed un framework di validazione dell’input utente JavaScript, ad esempio), dall’altra c’ero io che ovviamente difendevo la modalità di sviluppo che prevede l’utilizzo di framework o librerie di terze parti.
Chi difende la modalità di sviluppo “da zero” porta a sostegno della propria tesi alcune motivazioni come:
  • Estrema personalizzazione: il software fa esattamente quello per cui è stato progettato, massimizzando le performances;
  • Leggerezza: essendo il codice sviluppato estremamente minimale ed estremamente personalizzato, non c’è nemmeno “un byte” di troppo rispetto a quanto necessario;
  • Controllo: si è assolutamente certi di cosa il codice sorgente faccia, senza doverlo controllare e verificare;
  • Conoscenza: risolvendo in proprio ogni problema, si aumenta la propria “conoscenza di base”, entrando nel merito ed analizzando ogni singolo piccolo problema che si può presentare;

Dall’altra parte, ovviamente, chi difende la modalità di sviluppo basata su software di terze parti, porta altre motivazioni:

  • Rapidità di sviluppo: utilizzando framework o librerie già pronte, si accorciano notevolmente i tempi di sviluppo (cosa che rende intrinsecamente più competitivi, potendo offrire al cliente dei tempi di sviluppo minori e conseguentemente minori costi di sviluppo);
  • Riusabilità: un proprio snippet di codice sviluppato utilizzando un framework standard può essere facilmente riutilizzato in un altro progetto, senza alcun o con pochissime modifiche;
  • Evitare di perdere tempo “reinventando la ruota”: non si perde tempo a risolvere per ogni progetto una problematica già affrontata e risolta da tempo, magari da decine di sviluppatori, arrivando ad una soluzione largamente accettata e condivisa, che ormai può essere data quasi per “scontata”;
  • Aderenza agli standard: l’uso di framework e librerie ampiamente diffusi rende facilmente condivisibile e manutenibile anche da persone terze il proprio codice sorgente, per la standardizzazione della sintassi e la necessaria adozione delle best practices che con il tempo di sono venute a creare;
  • Accrescimento personale: imparando a sviluppare con framework diffusi comporta implicitamente un accrescimento personale ed una “maggiore rivendibilità” dello sviluppatore sul mercato del lavoro;
  • Concentrarsi sul reale obiettivo del progetto: non dovendo investire parte del proprio tempo a risolvere problemi ancillari, si può massimizzare i propri sforzi sull’analisi delle problematiche per la quale l’applicazione è in fase di sviluppo, magari investendo parte del tempo nella ricerca di qualche algoritmo particolarmente efficiente o innovativo per la problematica in oggetto;

E voi, cosa ne pensate?
Sviluppate tutto “da zero”, oppure preferite appoggiarvi a framework e librerie già pronti? Fatemi la vostra opinione.

Megavideo chiude, Anonymous si ribella

L’FBI ha deciso di chiudere Megavideo, il popolare sito di condivisione di contenuti video in streaming ed il suo fondatore, Kim Schmitz, rischia oltre 50 anni di galera, accusato di aver causato oltre 500 milioni di collari di danni ai detentori del copyright sui materiali condivisi.
Megavideo ha aperto i battenti il 21 marco 2005 ed è stato chiuso il 19 gennaio 2012: in questo arco di tempo ha portato al suo fondatore introiti per oltre 150 milioni di dollari.
La notizia della chiusura del popolare sito di streaming ha ricevuto una eco mediatica notevole, tanto che anche il gruppo hacker Anonymous si è schierato dalla parte di Megavideo, attaccando numerosi siti, tra cui il dipartimento di Giustizia americano, l’FBI, la RIAA (l’associazione discografici americana) ed il sito della Universal Music e molti altri.
Anonymous ha lanciato un messaggio inequivocabile: 

Questo è un urgente richiamo d’allerta per tutte le persone degli Stati Uniti. Il giorno che tutti noi stavamo aspettando è purtroppo giunto. Gli Stati Uniti stanno censurando Internet. La nostra evidente risposta è che non rimarremo seduti mentre ci vengono portati via i nostri diritti da un governo al quale affidiamo la loro stessa tutela. Questa non è una chiamata alle armi, ma un richiamo a conoscere e ad agire!

Il Governo degli Stati Uniti ha superato ogni limite dandoci un falso senso di libertà. Pensiamo di essere liberi e di poter fare quello che vogliamo, ma in realtà siamo molto limitati e abbiamo un grosso numero di restrizioni per quello che possiamo fare, per quello che possiamo pensare, e anche per come veniamo educati. Siamo stati talmente distratti da questo miraggio di libertà, che siamo diventati esattamente cosa cercavamo di evitare.

Per troppo tempo, siamo rimasti fermi quando i nostri fratelli e sorelle venivano arrestati. Per tutto questo tempo, il governo ha ordito intrighi, tramando modi per incrementare la censura attraverso il blocco degli ISP, il blocco dei DNS, la censura dei motori di ricerca, dei siti, e una varietà di altri metodi che direttamente si oppongono ai valori e alle idee che condividono sia Anonymous, ovviamente, che gli stessi padri fondatori di questo paese, che credevano nella libertà di parola e di stampa.

Gli Stati Uniti sono spesso stati indicati come esempio ideale di paese libero. Quando la stessa nazione che è conosciuta per la sua libertà e i suoi diritti inizia ad abusare delle sue proprie persone, allora bisogna iniziare a combattere, perché gli altri la seguiranno presto. Non pensiate che perché non siete cittadini americani, questa storia non vi riguardi. Non potete rimanere ad aspettare che la vostra nazione faccia lo stesso. Dovete fermare tutto questo prima che cresca, prima che venga riconosciuto come accettabile. Dovete distruggerlo dalle fondamente, prima che diventi troppo potente.

Possibile che il governo americano non abbia imparato dal passato? Non ha visto le rivoluzioni del 2011? Non ha notato che ci siamo opposti ogni qualvolta ci siamo imbattuti in tutto ciò e che continueremo a farlo? Ovviamente il governo statunitense pensa di essere esente. Questo non è solamente un richiamo collettivo di Anonymous a darci da fare. Cosa può mai risolvere un attacco DDoS? Che cosa può essere attaccare un sito rispetto i poteri corrotti del governo? No. Questo è un richiamo per una protesta di grandezza mondiale sia su internet che nella vita reale contro il potere. Diffondete questo messaggio ovunque. Non possiamo tollerare quello che sta succedendo. Ditelo ai vostri genitori, ai vostri vicini, ai vostri colleghi di lavoro, ai vostri insegnati e a tutti coloro con i quali venite in contatto.Tutto quello che stanno facendo riguarda chiunque desideri la libertà di navigare in forma anonima, parlare liberamente senza paura di ritorsioni, o protestare senza la paura di essere arrestati.

Andate su ogni rete IRC, su tutti i social network, in ogni community on-line e dite a tutti l’atrocità che sta per essere commessa. Se protestare non sarà abbastanza, gli Stati Uniti dovranno vedere che siamo davvero una legione e noi dovremo unirci come una sola forza opponendoci a questo tentativo di censurare Internet ancora una volta, e nel frattempo scoraggiare tutti gli altri governi dal tentare ancora.

Noi siamo Anonymous. Noi siamo una legione. Non perdoniamo la censura. Non dimentichiamo la negazione dei nostri diritti come esseri umani liberi. Questo è per il governo degli Stati Uniti.  Dovevate aspettarvi la nostra reazione.

L’intento di Anonymous è chiaro: portare ad una sensibilizzazione verso il problema chi deve prendere le decisioni in merito alla colpevolezza o meno di Schimtz.
Ora, senza voler difendere le posizioni (a volte un po’ troppo estremistiche) di Anonymous, personalmente mi pongo una domanda: rischiare 50 e rotti anni di carcere per aver violato il copyright mi paiono un po’ eccessivi… non è stato ammazzato nessuno!
Lascio a voi trarre le conclusioni, ma a mio avviso “c’è del marcio in Danimarca”…